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Il Castagno e l’importanza del “Bosco Economico”

Specie arborea più diffusa sul territorio dei Castelli Romani

 
Il Castagno e l’importanza del “Bosco Economico”
 

Il castagno è la specie arborea più comune sul territorio dei Castelli Romani, la cui massiccia diffusione è avvenuta per opera dell’uomo verso la fine del XVI secolo, per far fronte alla crescente domanda di legname da costruzione e di generi agro-alimentari, dovuta all’incremento demografico della zona in virtù anche del miglioramento delle vie di comunicazione con Roma. Chiamato in antichità “albero del pane” per il suo frutto, considerato alimento di grande valore nutritivo e dal quale si ricavava la farina, molto utilizzata nei lunghi periodi di carestia che si susseguivano alle guerre. Nel tempo l’importanza del castagno si è legata all’industria del legno, fonte di reddito e di occupazione. Questa specie arborea ha modificato le caratteristiche vegetazionali dell’area dei Colli Albani formata originariamente dal bosco Q.T.A. (Quercia, Tiglio, Acero). Le indagini botaniche e vegetazionali effettuate, hanno confermato una maggiore presenza di boschi di faggio e boschi misti di latifoglie prima della diffusione del castagneto per mano dell’uomo.

Il castagno è un albero di grandi dimensioni, longevo e di rapido accrescimento fino a 80/100 anni, poi più lento fino a raggiungere l’età di 400/500 anni e in qualche caso anche di 1.000. L’altezza massima è di 30-35 m., la chioma è espansa e costituita da grossi rami, la fruttificazione inizia a 12-15 anni d‛età delle piante ed a 40-50 anni il castagneto è in piena produzione, che è massima ancora per circa un secolo, dopo di che si ha il declino, la raccolta delle castagne avviene tra settembre e ottobre. È l’essenza forestale che si presta meglio al governo a ceduo, in quanto la zona del colletto è ricca di cosiddette gemme “dormienti”, che una volta tagliato il fusto si sviluppano in polloni andando a sostituire le piante venute a mancare. Quando il taglio viene fatto ben rasente a terra, i polloni emettono radici proprie emancipandosi dalla ceppaia madre.

La disposizione che possiamo osservare a “filari” delle ceppaie denota come questa specie sia stata piantata per fini produttivi e come la sua introduzione ha modificato la composizione della flora che storicamente rivestiva le dorsali e i fianchi del Vulcano Laziale. Il castagno si è sviluppato rapidamente in quanto predilige terreni ricchi di fosforo e potassio a reazione acida e neutra come quelli derivanti dal disfacimento delle rocce vulcaniche. Si adatta inoltre bene alle condizioni climatiche presenti nell’area del Parco dei Castelli Romani, risulta particolarmente resistente agli agenti atmosferici e il suo legno è facile da lavorare. Questa sua naturale plasticità ha contribuito alla sua diffusione e all’intensificazione della coltivazione, per soddisfare esigenze sia tecnologiche che economiche, viene utilizzato nelle costruzioni di edifici, ma anche nella produzione di materiale utile alla viticoltura (pali, botti, tini, mastelli), inoltre il legname è particolarmente richiesto per il riscaldamento e per la realizzazione di mobili.


Estratto dalla pubblicazione: “La Flora dei Castelli Romani”
A cura di A.E.A. Latium Volcano (2006)